San Martino di Tours è venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica, dalla Chiesa Ortodossa e da quella Copta. L'unica fonte storica sulla sua vita è il “De vita beati Martini liber unus” scritto da Sulpicio Severo, colto avvocato aquitano e discendente di una ricca ed aristocratica famiglia della Gallia, alla fine del IV secolo, il quale raccolse dalla viva voce del Santo tutte le informazioni sulla sua vita.

Martino di Tours nacque da una famiglia pagana nel 316 d.C. a Sabaria, odierna Szombathely, una cittadina di frontiera della Pannonia, attuale Ungheria, allora regione dell’Impero Romano d’Occidente sotto il comando di Costantino. Il padre era ufficiale di carriera nell’esercito imperiale e alla nascita del figlio volle chiamarlo Martino (Piccolo Marte, in latino Martinus) proprio in onore del dio pagano della guerra Marte.
Ancora bambino Martino si trasferì con la famiglia a Pavia, dopo la nomina del padre a tribuno militare. Qui ricevette un’educazione umanistica, seguì il corso regolare degli studi classici e venne a contatto col cristianesimo, religione ancora non molto affermata ma non più perseguitata dall’Impero. Egli fu talmente rapito dal messaggio di Cristo che si iscrisse ancora fanciullo al catecumenato in quanto sentiva il desiderio di ricevere il battesimo. Il suo amore verso Cristo venne però fortemente contrastato sia dalla Chiesa, che non gradiva che i militari ed i loro discendenti si convertissero al cristianesimo, che dai genitori, i quali desideravano per lui una carriera militare.
Proprio per questo motivo, i genitori, grazie alle nuove disposizioni legislative che permettevano di anticipare l’obbligo di arruolamento nell’esercito, costrinsero Martino a prestare giuramento militare all’età di quindici anni. Egli fu costretto anche ad interrompere gli studi per entrare nella cavalleria dell’esercito imperiale che lo trasferì in Gallia, odierna Francia, inviandolo in prima istanza a Reims e successivamente ad Amiens. Fu subito promosso al grado di circitor poiché figlio di veterano militare e il suo compito iniziale fu quello di sorveglianza delle guarnigioni con ronde notturne ed ispezioni.

 

Il dono del mantello   L’episodio più famoso e più narrato della sua vita e il più decisivo per la sua futura vocazione, avvenne proprio ad Amiens, nell’inverno del 338/339, un inverno particolarmente rigido, durante il quale, secondo le cronache del tempo, morirono molte persone.
Martino era di guardia alle porte della città, insieme ad altri soldati, quando passò un mendicante seminudo e infreddolito che gli chiese l’elemosina. Il giovane non aveva con sé denaro da dargli, poiché quello che aveva lo aveva già donato in precedenza. Tuttavia, memore delle parole di Gesù: «Perché ... ero... nudo e mi avete vestito... » (Mt 25, 36) e visto che l’unica cosa che aveva con sé erano le armi e il mantello, d'impulso, con la sua spada tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Secondo alcuni storici, è più probabile che Martino abbia diviso la stoffa dalla pelliccia che foderava l’interno del mantello dei soldati romani e ne donò la metà al povero.

 

Quella stessa notte vide in sogno Gesù che, rivestito del suo mantello, diceva ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato: egli mi ha vestito!». Quando Martino si risvegliò, trovò il suo mantello integro. Nella Pasqua di quello stesso anno (339) e nella stessa città, Martino, ricevendo il battesimo divenne cristiano.
La sua carriera militare si protrasse dal 331 al 356 per venticinque anni e gli permise di raggiungere l’alto grado di Ufficiale della Guardia Imperiale, ma come ci informa Sulpicio Severo: “Non era un soldato, era un monaco”.
Martino visse da buon cristiano e da buon commilitone la sua vita di soldato; era sempre comprensivo nei confronti di tutti e disponibile ad aiutare coloro che si trovavano in difficoltà, anche economiche. Era di carattere allegro e socievole, ma non si abbassò mai ai volgari piaceri della vita militare dell’epoca. Come il regolamento imponeva ad un ufficiale, possedeva uno schiavo, ma lo considerava un fratello, tanto che lo faceva sedere a tavola con lui e arrivava persino a servirlo, quando questi era stanco.
  Il sogno

 

La rinuncia  

Il congedo di Martino dalla vita militare fu una sua libera decisione, contrastata in tutti i modi dai superiori. Nella primavera del 356, mentre partecipava alla campagna sul Reno che in quegli anni vedeva impegnato il Cesare Giuliano contro Franchi e Alemanni, alla vigilia di una battaglia, non volendo versare del sangue, rifiutò il donativo che Giuliano stava distribuendo ai soldati e chiese ufficialmente il congedo. Tacciato di viltà, fu posto agli arresti ma Martino si limitò a rispondere che all'indomani si sarebbe posto, solo e senza armi, davanti ai nemici, protetto soltanto dal simbolo della croce. Perché non avesse a pentirsene, fu messo in catene e condotto in carcere: il giorno seguente, i barbari, prima di cominciare la battaglia, chiesero la pace e Martino ebbe così il congedo. Lasciò l’esercito all’età di quaranta anni e si recò a Poitiers, dove era vescovo Ilario, personaggio che Martino aveva già conosciuto qualche anno prima. Questi accolse Martino con estrema benevolenza e fu per lui uno straordinario maestro nello studio delle cose di Dio e nella difesa dell’ortodossia contro l’arianesimo che a quell’epoca aveva anche il sostegno della Corte imperiale.
Ilario avrebbe voluto ordinarlo diacono, ben conoscendo le doti di Martino, ma egli rifiutò ripetutamente, in quanto non si riteneva degno. Ilario lo convinse allora a diventare esorcista, primo passo sulla via del sacerdozio.
A Poitiers Martino sentì la chiamata di Dio, che lo invitava a tornare in patria e convertire i suoi genitori. Tornò così in Pannonia, dove riuscì a convertire soltanto la madre. Qui cominciò la sua battaglia contro l'arianesimo, che era appoggiato dall'imperatore Costanzo II, ma dopo minacce ed oltraggi, venne frustato in pubblico e cacciato dalla città.
Nel 358 fece ritorno in Italia dove apprese la notizia che le Gallie erano turbate dalla diffusione dell’arianesimo e che Ilario era stato mandato in esilio. Si fermò quindi a Milano dove si diede alla vita eremitica. Il soggiorno fu breve, poiché dopo essere stato perseguitato e insultato, fu cacciato dalla città lombarda dal vescovo ariano Assenzio.

 

Si rifugiò allora a Gallinara, un'isola della costa ligure di fronte ad Albenga, dove condusse vita ascetica in compagnia di un presbitero. Anche il soggiorno a Gallinara fu breve, interrotto nel 360, quando Martino, appresa la notizia del ritorno di Ilario dall’esilio, lo raggiunse a Poitiers. L’anno successivo, fondò a Ligugé, una località sulla riva sinistra del Clain, 8 km a sud di Poitiers, un eremo, che gli studiosi considerano come il primo esempio di fondazione monastica dell’Europa occidentale.
Ordinato prima diacono e successivamente sacerdote, Martino si dedicò ad un’intensa vita ascetica e all’attività pastorale nelle campagne circostanti l’eremo. Ben presto fu circondato da molti discepoli con i quali cominciò ad evangelizzare i contadini che abitavano i villaggi e la campagna circostante, dove ancora resisteva il paganesimo.
Risale, inoltre, a questo periodo il racconto di alcuni miracoli operati da Martino, come la resurrezione di un catecumeno deceduto improvvisamente durante la sua assenza, e di un giovane schiavo suicida.

  Miracolo della resurrezione

 

L'investitura  

Martino viveva a Ligugè da circa dieci anni quando morì Liborio, vescovo di Tours; conoscendo la fama di Martino, i fedeli di quella città, lo volevano come suo successore. A quei tempi, infatti, il Vescovo era nominato direttamente dai fedeli interessati e successivamente all’elezione, i vescovi delle diocesi vicine approvavano la scelta, partecipando alla consacrazione episcopale del designato. Martino era però contrario all'idea, per diversi motivi personali, soprattutto per il suo passato da militare.
Gli abitanti di Ligugè, allora, ricorsero ad uno stratagemma. Un certo Rusticio, con il pretesto della malattia della moglie, si recò da Martino e lo supplicò di guarirla. Martino non poté resistere all'appello di carità e si avviò con l’uomo verso la casa dell'ammalata. Lungo la strada erano adunati gruppi di cristiani di Tours che lo condussero nelle loro città quasi a forza. Tutta la popolazione lo acclamò e Martino divenne, suo malgrado, candidato all'episcopato. A nulla servì l'opposizione del clero locale e di alcuni vescovi di città limitrofe: alla fine l'entusiasmo popolare trionfò e Martino venne consacrato Vescovo di Tours il 4 luglio 371.

 

Martino prese subito a cuore il suo nuovo impegno pastorale che cercò di coniugare con la sua vocazione alla vita monastica. Fedele al suo ideale monastico, amava la solitudine e la preghiera; sembra che, almeno inizialmente, abbia tentato di vivere in una cella nei pressi della chiesa cattedrale, ma i doveri episcopali e la folla di fedeli che, attratti dalla sua fama di taumaturgo, lo andavano sempre a visitare, gli impedivano la meditazione e la preghiera. Si rifiutò di vivere in città e nel 372 fondò un monastero a poca distanza dalle mura di Tours, noto in latino come Maius monasterium (monastero grande), che divenne la sua residenza.
Per i suoi viaggi apostolici, Martino percorse le antiche strade galliche in modo da poter venire in contatto con gli abitanti delle campagne che evangelizzò e che convertì in gran numero. Accompagnato dai suoi monaci, intraprese regolari viaggi missionari per tutta la Francia centrale ed occidentale, predicando, convertendo e distruggendo i templi pagani, dando inizio alla sistematica cristianizzazione delle campagne ancora pagane, non solo della sua diocesi, ma anche di altre. Fino allora infatti gli evangelizzatori avevano seguito solo le vie romane, che collegavano tra loro le  città e il cristianesimo si era prevalentemente diffuso nei centri urbani.
La sua opera di evangelizzatore ebbe notevole successo: protesse sempre i poveri contro le angherie del fisco romano, favorì la giustizia sociale, contribuendo col suo comportamento e col suo appoggio a formare nelle plebi rurali quella presa di coscienza della dignità che mai avevano avuto, fondò chiese e parrocchie che coprirono ben presto tutte le regioni della Francia e dell’attuale Belgio. Molte tradizioni locali ricordano i luoghi visitati da San Martino.
  Miracolo della Messa

 

Morte di San Martino   Nel corso del suo ventisettesimo anno di episcopato, nell'autunno del 397, più che ottantenne, dovette recarsi nella parrocchia rurale di Candes (l’odierna Indre-et-Loire), per pacificare alcune fazioni del clero locale in lite fra loro. Il suo soggiorno si protrasse per qualche tempo e i suoi buoni uffici riuscirono a pacificare gli animi. Sul punto di rientrare a Tours, fu assalito da una febbre violenta. Morì l’8 novembre 397, disteso sopra un giaciglio di paglia e cenere.
Subito dopo la sua morte, gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours si disputarono il suo corpo. Ebbero la meglio i secondi, i quali portarono il corpo del santo vescovo nella loro città. L’11 novembre, data nella quale è commemorato, ebbero luogo le sue esequie e fu sepolto in una semplice tomba, sulla quale ben presto venne costruita una basilica.
  Esequie di San Martino

 

A partire da quel momento ebbe inizio il culto di questo grande santo, che diventò subito popolarissimo non solo in tutto l'Occidente, ma anche in Oriente, al punto che egli fu il primo confessore non martire ad essere venerato nella liturgia. In Francia, Italia, Spagna, Inghilterra furono intitolate a lui chiese e parrocchie.

 

Dipinti: Simone Martini - Vita di San Martino - Assisi - Basilica Inferiore di San Francesco - Cappella di San Martino

 

 

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